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Attenti a quei due

R. e io siamo due all’antica, due scrittori vecchio stampo, intendo.

Quando capita di parlare del nostro cammino letterario, per buona parte condiviso, sembriamo due genitori orgogliosi che parlano dei propri figli ( anche se siamo sulla buona strada per diventare nonni). Così mentre le due pesti giocano e scorrazzano ci immergiamo in discussioni che riguardano invariabilmente il loro futuro e la loro crescita. Recentemente però è subentrato un nuovo argomento, come se i due pargoli, passata l’età infantile, si avvicinassero alla prima elementare.

Con qualche perplessità quindi ci siamo ritrovati (un po’ confusi a dire il vero) a chiederci a quale classe (intesa come categoria letteraria) iscriverli. La cosa che fa ridere parecchio entrambi è che quando abbiamo iniziato noi  (eh, bei tempi quelli), non c’era tutto l’imbarazzo della scelta a riguardo.

Cerco di spiegarmi meglio.

Fino quasi a dieci anni fa, quando Harry Potter era più o meno in procinto di diventare un best seller mondiale, tutto quello che sapevamo sulla letteratura extra scolastica per ragazzi/e era che esisteva un genere piuttosto vasto (e piuttosto affascinante) chiamato “fantasy”. In quel mondo senza fine di avventure ognuno ha tracciato la propria storia (più concretamente fantasy il mio, più orientato verso la commistione tra realtà e fantastico il suo) senza farsi grossi problemi, ognuno scriveva a prescindere da una precisa identificazione (che sicuramente era il fanalino di coda di tutti i problemi).

I problemi erano ben altri, a livello letterario, dico. C’era la preoccupazione di scrivere qualcosa che non fosse coerente con quanto scritto prima, di saltare un passaggio, cercare di rendersi comprensibili pressoché a chiunque, far sì che i personaggi più che parlare e basta esprimessero uno stato emotivo che li rendesse autentici (sulla concezione dei personaggi e sui diversi punti di vista incontrati negli anni tornerò forse in un articolo ad hoc).

Insomma, tra una divagazione e l’altra ci siamo messi a spulciare su wikipedia, nel vano tentativo di farci una panoramica completa di questo recente e spasmodico proliferare di sottogeneri letterari. Viene così fuori che il suo è un paranormal romance mentre per il mio non si è capito ancora se è carne, pesce o magari un mandarancio. Personalmente continuo a chiamarlo fantasy ma per quel che vale il tentativo di definirlo ( definire equivale a limitare ) potrebbe chiamarsi pure scendiletto o scaldasonno.

Quel che è certo è che non posso non segnalare a chi frequenta questo spazio il libro di R.

http://www.facebook.com/pages/Il-Ragazzo-del-Destino/149005198519445

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